Le grotte del Caglieron s’inabissano come un serpente nelle viscere nel massiccio del Cansiglio – Cavallo. All’inizio non si notano: è come un dolce declinare verso il basso, un calare nei boschi fruscianti che ammantano questi pendii carsici, calcarei, un continuo affondare segreto di acqua nella roccia, di doline e laghi sotterranei.
Ad accoglierci c’è Mauro Fullin, guida escursionistica e geologo appassionatissimo: è lui a condurci nel Parco delle Grotte del Caglieron di Fregona, nell’Alta Marca Trevigiana, alla scoperta di un mondo di cavatori e fiumi sotterranei, di perle di roccia e di forre incise dal fiume e dall’uomo.
Storie di pietra dolza
Mauro è il tipo di persona capace di raccontare la geologia come se fosse un’appassionante saga storica e le rocce i suoi personaggi fantastici. È attraverso i suoi occhi che scopriamo l’articolata stratificazione geologica che caratterizza queste terre, un tempo aree tropicali e barriere coralline che i movimenti tettonici alzarono di circa 1000 metri sul livello del mare, ormai 40 milioni di anni fa. Così nacque il Massiccio del Cansiglio-Cavallo, che andò poi definendosi nella sua conformazione anche grazie ai sedimenti di sabbia silicea alle sue pendici e ai successivi movimenti terrestri: dalla stratificazione di sabbia, ciottoli e limo si formarono rispettivamente l’arenaria, il conglomerato e la marna, che compongo oggi quelle che conosciamo come “colline del Prosecco”.
Le forre e i canyon del Caglieron, ci spiega, sono state scavate dal torrente Caglieron nei materiali che compongo queste colline. Le grotte invece, sono state scavate dall’uomo.
«L’arenaria era chiamata “pietra dolza”, cioè dolce, morbida. Fin dal 1500 è stata usata dalla gente del posto che costruire gli stipiti delle porti, i davanzali delle case, e altre suppellettili edili. È una pietra che si lavora facilmente. Le Grotte del Caglieron sono principalmente di origine antropica: tutto il territorio è pieno di grotte per l’estrazione dell’arenaria».
Un parco d’acqua e di felci
Mauro ci conduce all’interno del parco, lungo i percorsi con passerelle in legno (ricostruite dopo l’alluvione di dicembre 2020) che percorrono le forre del Caglieron e conducono a immense grotte umide, quasi troppo grandi per concepire che sia stato l’essere umano a scavarle. Ci mostra stalattiti e stalagmiti, ci spiega i complessi fenomeni idrogeologici che si stratificano sulla pietra, ci lascia a confrontarci con il titanismo di queste opere.
Di sottofondo, lo scrosciare senza fine del torrente, che si tuffa in pozze limpide, color verdeazzurro. Il nome Caglieron deriverebbe infatti dalla parola cagliere – che indicava i paioli in cui si facevano la polenta – per via delle ampie conche formate dallo scorrere dell’acqua sulla roccia.
«Proprio per via del carsismo del Cansiglio», ci spiega Mauro, «le piante che crescono in questa zona devono essere in grado di resistere a condizioni di scarsità d’acqua, caldo e spesso anche luce ridotta. Vedete qui, proprio nel canyon? Questo è capelvenere, un tipo di felce. Ma crescono anche timo e santoreggia, ad esempio… Che solitamente a questa latitudine non si trovano».
La storia della roccia qui si intreccia strettamente con quella dell’uomo. Lungo il corso del fiume, appena oltre le grotte, l’acqua azionava infatti le ruote dei mulini per la mola dei cereali. C’era poi la bottega dello scalpellino, dove oggi incontriamo Mirto Masutti con la sua mostra di attrezzature e le sue dimostrazioni, e c’erano le produzioni tipiche. Come il formaggio di grotta, produzione locale che viene conservato proprio nelle grotte di arenaria. Oppure come il Torchiato di Fregona, passito localissimo e aromatico che assaggiamo nel centro visite del parco.
Soprattutto, però, c’è la passione di persone come Mauro, che avrebbe anche potuto andare a lavorare altrove: ma dopotutto – ci spiega prima di salutarci – cosa c’è come casa, se casa è un posto così ricco e così magico come il Cansiglio, con i suoi segreti d’acqua e pietra dolza?