sabato , 23 Novembre 2024

La tragedia di Andrea Papi e la necessità di ascoltare davvero le istanze dei montanari

 La tragedia occorsa al giovane Andrea Papi in Trentino ha risollevato (e ri-polarizzato) il dibattito attorno alla presenza dei grandi predatori nelle terre alte italiane. Ci ho pensato parecchio prima di scrivere qualcosa, perché non volevo che un fatto drammatico diventasse soltanto occasione di clickbait o di polemica gratuita: ci ho pensato perché ho provato a immaginare la paura del ragazzo, l’atavico terrore del predatore nel bosco, la sua morte terribile e la sofferenza della famiglia. Ci ho pensato e nel frattempo mi sono informata, tentando di comprendere sia i dati tecnici legati al progetto Life Ursus, sia le criticità e la (mala) gestione politica della cosa. Non ho risposte né soluzioni, perché non sono un tecnico, Ma ho provato a comprendere cosa mi strideva nel dibattito polarizzato e aggressivo che si è scatenato sulla vicenda, cartina al tornasole di un atteggiamento collettivo che ha bisogno di posizioni da sbranare, più che di occasioni di riflessione.

A tal riguardo, ho trovato interessanti alcune posizioni espresse dall’antropologo Annibale Salsa in un articolo pubblicato su “Alto Adige”, che vi consiglio di leggere per intero.

[…] Riguardo alle politiche della montagna si tratta di scegliere, con onestà mentale, che tipo di montagna vogliamo. Una montagna selvaggia dove le attività umane sono bandite e dove gli abitanti sono una presenza scomoda o, viceversa, una montagna abitata ben sapendo che una convivenza perfetta fra uomo e grandi predatori è un’illusione. Si tratta comunque di scelte rispettabili ma non compatibili”

Il punto è sempre il medesimo. Come ormai capita sempre, moltissime delle posizioni “io sto con l’orso” derivano spesso da persone che la montagna non la vivono se non da turisti, che non ne conoscono la complessa e stratificata natura di interrelazione millenaria con l’uomo che ne trae da vivere.

Ciascuno ha diritto alla sua opinione, e ci mancherebbe: ma visto che è morta una persona e che chi subisce direttamente il problema manifesta da tempo delle criticità evidenti, forse sarebbe il caso di tacere e provare ad ascoltare, ogni tanto, senza la perenne pretese di giudicare / insegnare / catechizzare / sensibilizzare comodamente seduti sul divano di casa… E sebbene non creda alla soluzione del “tiriamo tutti fuori gli schioppi dalle cantine e dagli al plantigrado, ritengo che in ogni caso la prima istanza che conti sia quella di chi abita un territorio, non di chi lo fruisce come parco giochi e si aspetta una certa natura idilliaca, l’orso Yogi, la vispa Teresa e insomma tutto il repertorio da cartolina patinata che scambia per “natura selvaggia” Tant’è che anche i genitori di Andrea non chiedono che questo: non l’abbattimento dell’orsa, ma giustizia rispetto alla mala gestione di un progetto ormai sfuggito di mano, che sta impattando sulle comunità che lo subiscono. C’era davvero bisogno di una tragedia, perché se ne parlasse?

E qui torniamo a quello che mi pare un tema centralissimo, quello che soggiace a ogni dibattito sulle terre alte italiane: si parla tantissimo di montagne – turismo restanza riqualificazione borghi natura smart working slow tourism cammini case a un euro eccetera  ma quando e come si parla nel concreto di montanari, quando si ascoltano davvero le istanze composite di quelle persone che la montagna la vivono, lavorano, tutelano ogni giorno? A volte l’impressione è che i montanari siano scomodi, diano fastidio, siano solo un intralcio a chi pretende di rendere la montagna “roba sua”. E ciò non significa che tutte le istanze dei montanari siano sempre sacrosante, né tantomeno che i montanari siano tutti uguali, una massa informe e burbera con cappello + camicia a quadri che chiede sempre le stesse cose: significa semplicemente avere contezza che chi vive un territorio lo conosce meglio di chi non lo vive, nel bene e nel male.

E non mi pare che nessun montanaro sia mai andato da Sala a dirgli come gestire le sue ztl in centro a Milano, né a ricordargli che prima dei grattacieli e dei capannoni industriali la natura che tanto meravigliano (altrove) stava pure in Pianura Padana…

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