Che poi, dicono tutti, bella la montagna d’estate. Belli i paesini, e i prati ridenti, e il sole che scintilla nel cielo limpido.
Provate l’inverno, però. Provate novembre, le brume che si gonfiano dal fondovalle, le nubi che soffocano i monti sotto un cielo umido e gonfio. Provate il tempo dell’attesa, della stufa, della tana. Provate il silenzio del vuoto quando il turista se ne va, e il rimane rumoreggiare osseo dei rami secchi e spogli.
Nei mesi freddi la vita in montagna si svela nella sua essenza. Nella sua bellezza austera, che però forse non è per tutti. L’estate è il tempo del sogno e della suggestione – “Quanto mi piacerebbe abitare qui!” – e l’inverno è il tempo della resa dei conti.
Partiamo da qui, quando parliamo di vita in montagna, di restanza, di ritorno. Parliamo dell’inverno dei paesi. Riappropriamoci delle stagioni: non per idealizzarle nelle foto del feed autunnale, ma per tornare a comprenderle. E, con esse, comprendere le dinamiche del tempo che passa, perché i paesi si svuotano, perché qualcuno sceglie di tornare.