Erbaria, curatrice. Forse strega, anche se lei preferisce definirsi una sorta di maga buona, che usa le preghiere e le conoscenze erboristiche in egual misura per curare i malanni del corpo o dell’anima. Antonietta Chetta è tante cose diverse, ma soprattutto è una donnina gentile ed energica, profondamente legata alla sua terra e alla vita contadina che l’ha sempre definita. Negli occhi vivaci, per niente offuscati dai 92 anni di età, ci sono arguzia e un’intelligenza prontissima, allegra. L’unica cosa che testimonia lo scorrere del tempo è la difficoltà con cui sale le ripide scale di casa per condurci, gradino dopo gradino, alla sua “stanza delle erbe”, una piccola veranda mansardata piena zeppa di piante in vaso, di mazzi di erbe secche, di rami e di fiori. Dalle finestre velate di condensa, lo sguardo spazia su tutta la Valle Argentina sottostante e su tetti del borgo di Triora.
Pare di essere in cima al mondo, o alla sua fine: montagne tutt’attorno, rondini in volo, e case di pietra scalcagnate, poggiate le una alle altre come vecchi ubriachi. Antonietta, ripete, non è una fattucchiera: ma siamo nel “borgo delle streghe”, qui si consumò il primo grosso processo per stregoneria italiano, ed è difficile non trovare della magia nelle antiche mani sapienti che oggi ci indicano piante, rimedi, trucchi e incantesimi per scacciare il malocchio.
Il tempo delle bàgiue
Di per sé, la storia di Antonietta ha poco di particolare. E’ una donna come tante altre del suo tempo, contadina figlia di contadini, e come capitava in tutte le case, sapeva utilizzare le erbe per curare i malanni più comuni: infusi, tisane e decotti erano all’ordine del giorno in ogni famiglia, perché era quanto di più “vicino” avesse la povera gente per provare a curarsi. Antonietta, però, ha imparato fin da giovanissima anche a fare altro. A segnare il fuoco, per esempio: parole, preghiere e ritualità per fermare ciò che brucia, che sia un’ustione o un’irritazione della pelle. Ma anche a segnare l’aria, cioè a scacciare il cosiddetto “colpo della strega”, sempre utilizzando preghiere e riti tramandati di donna in donna per secoli. Niente di segreto, in realtà: «Se qualcuno me lo chiede, io insegno come fare», spiega. Ma oggi, aggiunge, la gente non crede più a queste cose. Per tanto tempo, però, ci ha creduto.
La storia locale è piena di racconti, più o meno recenti, di donne che avevano una sorta di sensibilità maggiore, una connessione con il “mondo dell’invisibile” che le aiutava non solo a curare i mali del corpo con la conoscenza delle proprietà delle erbe, ma anche a pacificare i mali dell’anima e a tracciare contatti con dimensioni diverse, più spirituali. Streghe, le chiamavano una volta.
Fino a pochi anni fa, a Triora abitava anche Amalia Lanteri, la cui fama era nota anche fuori dai confini della Valle Argentina: la gente arrivava anche da lontano per farsi predire la sorte o scacciare il malocchio. Amalia è mancata qualche anno fa ed ora è Antonietta l’ultima bàgiua. Un nome che però non le piace affatto.
Antica, saggia farmacia verde
Preferisce parlare di se stessa come di un’erborista, una curatrice. La sua conoscenza delle erbe locali e del loro utilizzo terapeutico è vastissima, e la tiene tutta raccolta in un minuscolo quadernetto scritto con tremolante calligrafia da nonna: “Le ricette di nonna Antonietta”. Ci sono rimedi contro il raffreddore, l’acidità di stomaco, la pressione alta e l’insonnia. Ma anche contro le bruciature, le punture degli insetti, il ciclo mestruale. L’iperico, ad esempio, aiuta contro le bruciature; se ne ricava un olio dal forte colore rosso, da spalmare a sera sulle aree ustionate o scottate dal sole.
Ma è anche una pianta capace di scacciare il male, dicevano gli antichi: la si appendeva in grossi mazzi fuori dalle porte delle case dopo la festa di San Giovanni, a fine giugno, a cavallo del solstizio estivo, e la si bruciava al solstizio dell’anno successivo per cacciare tutte le brutture dei mesi appena trascorsi.
«Ma serve anche – aggiunge la vecchietta – per far tornare l’allegria, è un antidepressivo. E la depressione non è anch’essa un male, un’ombra, un demonio? Ecco, infatti l’iperico viene anche chiamato “fugademoneo”». Ci sono poi la stregonella o “erba della madonna”, considerata un’erba per tutti i mali, oppure la gramigna (per i reni), la melissa (contro lo stress), il biancospino (per la pressione alta). E via dicendo. Una farmacia verde, nelle mani nodose di questa vecchietta discreta. Che, però, è triste: sa di essere anziana. E sa che le sue conoscenze rischiano di andare perdute, erose da un tempo che scorre velocissimo e implacabile verso l’oblio.
Storia meravigliosa raccontata con sensibilità e forza; vorrei conoscere più vite come quella di Antonietta.
Vi ringrazio per questo breve sprazzo di luce aperto su questa donna.
Ti ringrazio, Gloria! L’incontro con Antonietta è stato uno dei più intensi che mi sia capitato di fare: una donna vera, autentica, radicata nel luogo dove è cresciuta, capace di leggere e operare tra le righe di ciò che è considerato “normale”. Sono felice che la sua forza sia arrivata anche a chi legge queste pagine 🙏
Bella e brava la mia zia Antonietta.. Fata buona e gentile… La saggezza dei”vecchi” da cui imparare sempre, ma lo scordiamo facilmente. Ti abbraccio zia vengo a trovarti presto. Antonello