giovedì , 21 Novembre 2024

Il mago delle conserve

«Ho finito ora la marmellata di mela ed essenza di lavanda biologica. Fatemi sapere a che ora arrivate, così mi regolo per invasettare».

Non so se sia vero che bastano poche parole per delineare i tratti principali di chi abbiamo di fronte. So però che niente avrebbe potuto delineare Augusto Borelli meglio di quelle poche righe che mi scrisse su Whatsapp, il giorno in cui avremmo dovuto incontrarci. Erano solo poche parole, che però già raccontavano la persona, e con essa tutto il suo mondo: gentilezza, creatività, dedizione. Un lavoro che è in primo luogo una passione, un grande amore.

Dal minimarket alla bottega di sapori locali

Incontriamo Augusto fuori dalla “Strega di Triora”, il negozio che ha aperto nel lontano 1986 con la compagna, Luana Bertol: è negozio, bottega, laboratorio di saperi e di sapori gastronomici, ma soprattutto luogo del cuore per questa coppia intraprendente e visionaria, che ha scommesso sul “chilometro zero” quando ancora nessuno ne parlava e che ha trovato attraverso il cibo il modo per fare pace con le proprie radici. Augusto si siede insieme a noi al tavolino del bar: «Non so quanto riesco a fermarmi, però», specifica. «La marmellata non si può freddare troppo».

Quella di Augusto è una storia di radici, di abbandoni e di ritorni. Ce la racconta saltando di qua e di là, avanti e indietro tra l’oggi e lo ieri, quest’uomo dagli occhi chiarissimi e dallo sguardo espressivo, limpido, carico di entusiasmo e di passione. È nato a Triora, ci spiega, da famiglia radicata quassù da sempre: il cognome Borelli, dopotutto, compare già nelle cronache dei processi per stregoneria di fine Cinquecento, quei processi che resero Triora tristemente nota come “borgo delle streghe” (una nomea che comunque in tempi recenti ha fatto e sta facendo la fortuna turistica del paese…).

Da Triora, però, Augusto se n’è andato giovanissimo, per cercare lavoro altrove e costruirsi una nuova strada, diversa da quella di povertà e fatica che ha visto vivere dalla sua famiglia contadina.

Lavora nelle cucine, diventa chef, si forma e perfeziona tra Montecarlo e gli stabilimenti balneari di Ventimiglia. È bravo, è richiesto. Conosce Luana, che è di origine trentina e lavora in ambito turistico, ed è proprio lei che, dopo qualche tempo, insiste per tornare a Triora: c’è un negozio in vendita, gli dice, potrebbe essere una nuova sfida per entrambi. Per lei è un inizio, per lui un ritorno. Prendono in gestione il minimarket, cominciano a occuparsi di rivendita al dettaglio. «Era proprio un minimarket classico», racconta Augusto. «E all’inizio pareva pure funzionare. Poi però sono arrivati i primi grossi supermercati, giù a valle, e per la gente del posto divenne un’abitudine scendere in auto il venerdì per fare la spesa, perché giù c’era più scelta».

«Io di contro, essendo in montagna, ero costretto a tenere i prezzi più alti e potevo offrire una minore varietà di prodotti. Era frustrante: mentre qui tutto languiva, io e Luana continuavamo a ricevere belle proposte per lavori in hotel e ristoranti altrove».

Ma Luana insiste per restare, si è innamorata del paese, non vuole buttare via gli sforzi degli ultimi anni. Così gli propone di iniziare a produrre e vendere marmellate e conserve: dopotutto, gli dice, tu sei chef, no? «All’inizio ero scettico», ammette Augusto. «Perché in quel periodo Triora non era ancora un paese frequentato dal turismo. Però mi sono fidato: abbiamo iniziato a tenere aperto anche la domenica e a proporre in un angolino i nostri prodotti. Pian piano, la clientela ha iniziato a cambiare».

Il salto vero e proprio arriva nel 2000: è allora che Augusto e Luana decidono di mollare l’idea del minimarket e di vendere solo ed esclusivamente prodotti di propria produzione o di propria selezione. “La Strega di Triora” cambia volto: da emporio di periferia diventa bottega di sapori locali, promozione del territorio attraverso i suoi prodotti e – soprattutto – spazio di creatività culinaria e di sperimentazione, dove la verve dello chef trova nuovo slancio e nuova linfa. Accanto alle sue produzioni, soprattutto nell’ambito delle conserve dolci e salate (e quindi marmellate, composte, sott’oli, ecc), Augusto inizia a selezionare prodotti del territorio: contatta produttori locali, pastori, apicoltori, cerca le altre persone che dal Saccarello al mar Ligure condividono la sua visione di sapori autentici, di gusti veri e veraci, stagionali e a chilometro zero, e crea una rete all’insegna della valorizzazione locale, con poco marketing e tanta sostanza.

Il creatore di marmellate

Quando gli chiediamo di raccontarci delle sue conserve, Augusto si illumina tutto. Se prima era rilassato e chiacchierava appoggiato allo schienale della sedia, ora si fa concentrato, si avvicina, cerca di trasmetterci il gusto del suo lavoro. «Mi piace innovare», spiega. «Nel corso del tempo ho perfezionato un metodo basato su brevi cotture, poco zucchero, zero addensanti e poca acqua: in questo modo non si rovinano i valori nutrizionali, né i sapori e i colori degli ingredienti». Ingredienti che vengono tutti dal territorio e sono interamente stagionali.

Alcuni frutti li coltiva da solo, i funghi li raccoglie lui stesso nel bosco, i frutti di bosco li compra dai pastori. Predilige i sapori dimenticati: bacche di sambuco, mirtillo selvatico, mora di rovo. I sapori della sua infanzia, andati in larga parte perduti.

«E amo spaziare tra gusti diversi, apparentemente non conciliabili», ci dice, con un gran sorriso di soddisfazione. «Sono riuscito a creare una marmellata con fragoline di bosco, mela, canditi di limone e olive taggiasche… E il trucco è tutto nelle proporzioni, nel provare e riprovare fino a quando non si trova la proporzione perfetta: quella che ti fa sentire prima le noti dolci delle fragole, poi quelle acidule del limone e infine ti stupisce con il gusto pieno e intenso dell’oliva».

“Un lavoro non solo mio, ma anche di chi mi ha preceduto”

Basta girare tra gli scaffali del negozio per comprendere a pieno la creatività di Augusto: molte marmellate hanno un nome, ciascuna ha una sua peculiarità, per ognuna di esse Augusto sa consigliare come gustarla al meglio. Ognuna, soprattutto, ha una storia che parla del territorio e di lunghe, lunghissime giornate di studio e tentativi. Ma parla anche dell’amore di Augusto per il paese in cui vive, per la sua natura e i suoi paesaggi: oltre che cuoco e “creatore di marmellate”, come ama definirsi, è anche pescatore, orticoltore, trekker e fungaiolo. Conosce il bosco e i sentieri come le sue tasche, e questa conoscenza riverbera in ogni vasetto, in ogni nuova creazione.

«È stato mio papà a insegnarmi tutto ciò che serviva per “mantenere una famiglia”: a fare il vino, il formaggio, a mungere, a comprendere i tempi dell’orto e delle semine…». Lo sguardo dell’uomo si fa malinconico, riflessivo. «A diciassette anni, mi sono reso conto che questo non sarebbe bastato. Così me ne sono andato. Ho chiuso un libro importante della mia vita, convinto che non lo avrei aperto mai più. E invece l’ho riaperto quando sono tornato quassù. Mi ricordavo tutto, tutto quanto mio padre mi aveva insegnato».

«Alla base del mio lavoro», continua, «c’è tutto quello che sapevano le vecchie generazioni. Certo, io forse ci ho messo la tecnica, ma le radici, la saggezza… Quelle vengono da chi c’era prima. Mi piacerebbe», conclude, «che qualcuno volesse raccogliere il testimone. Gli insegnerei volentieri tutto quello che so, gli passerei tutte le mie ricette, se questo significasse dare continuità a questa storia. Che non è solo mia, ma è di tutti quelli che ci hanno preceduti…».

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