Siamo arrivati a Nadro di Ceto in una luminosa mattina di tarda primavera, quando l’aria che calava dall’Adamello ancora scrocchiava come vetro prima di sciogliersi in un dolce tepore, profumato del primo sole. La Valle Camonica ci ha accolti con un grande abbraccio grigioverde, roccioso, mentre con la Panda arrancavamo sempre più su, lasciandoci alle spalle le cittadine industriali e i paesotti della media valle per dirigerci verso le sue propaggini un po’ più elevate. Questa ampia valle glaciale se ne sta distesa accanto alla Val di Scalve, sorelle d’altura una bresciana e l’altra bergamasca, eppure – pur essendo vicinissima alle zone dove sono cresciuta – non avevo mai avuto la possibilità di andarci. Fino a quando non ho deciso di intervistare una raccoglitrice di erbe selvatiche che proprio qui, nell’antica terra dei Camuni, ha trovato la sua casa.
Sono sempre stata convinta che i luoghi abitati fin dall’antichità abbiano un’energia particolare: una sorta di vibrazione ancestrale, un riconoscimento che parte dalle radici. L’ho sentita anche in Valle Camonica, fortissima.
E forse sì, dipendeva dalla suggestione: perché in fondo i Camuni a scuola li abbiamo studiati tutti, tutti tra Bergamo e Brescia abbiamo sentito parlare delle incisioni rupestri camune e tutti sappiamo che sono antiche, importanti, e via dicendo. Eppure un conto è saperlo, un altro vederle. Un altro ancora è rendersi conto che lì, su quelle pietre, si poggiavano i nostri antenati già millenni fa, istoriando sulla roccia il proprio sistema di credenze, culti e storie.
Sei lì e guardi questi fumetti ante-litteram sentendoti improvvisamente vicino e affine a quegli sconosciuti che hanno percorso quei boschi, guardato quelle stesse montagne.
Camuni, ovvero fumettisti ante litteram
Ma facciamo un passo indietro. Chi erano i Camuni? Perché i loro fumetti ante litteram sono così importanti dal punto di vista archeologico, e come fare oggi per vederli?
Per farla breve: i Camuni furono un popolo di lingua preindoeuropea, stanziatisi nel territorio della Valle Camonica durante l’Età del Ferro, a partire dall’800 a.C. I Camuni furono sottomessi ai Romani attorno al I secolo a.C., e da quel momento in poi le loro vicende storiche e culturali sono andate progressivamente latinizzandosi (come del resto è accaduto un po’ a tutti i popoli dela Gallia Cisalpina). A testimonianza principale del loro insediamento nelle Alpi Centrali – nel territorio che oggi ricade nella provincia di Brescia – i Camuni hanno lasciato soprattutto una vastissima produzione di arte rupestre: centinaia di migliaia di incisioni su roccia, che nel 1979 sono diventate il primo sito Unesco sul territorio italiano.
Le incisioni rupestri della Valle Camonica costituiscono uno dei più ampi corpus di petroglifi preistorici del mondo.
Le incisioni (i “pitoti” in dialetto camuno, cioè pupazzi) comprendono tutta una serie di ideogrammi raffiguranti figure umane, animali, scene di caccia o di lotta, riti religiosi. Ci sono cervi, cani, figure ambigue tipo il cosiddetto “astronauta” (una figura con una sorta di casco) oppure iconiche come la “rosa camuna”. Vi si trovano raffigurazioni di villaggi, di persone con le braccia alzate o di figure a cavallo. È una sorta di graphic novel della preistoria.
Quanto alla datazione, pare che le incisioni furono realizzate lungo un arco di tempo di ottomila anni, dall’Età del Ferro (I millennio a.C.) fino al periodo latino, sebbene in realtà questa tradizione non si fermò bruscamente, ma andò pian piano esaurendosi con il passare del tempo. Si tratta (per ora) di oltre 140mila figure, distribuite su circa 2mila rocce in oltre 180 località della Val Camonica, a loro volta sparse su 24 comuni diversi. I siti principali, per concentrazione dei petroglifi, sono a Capo di Ponte, Nadro di Ceto, Cimbergo, Paspardo, Sonico, Sellero, Darfo Boario Terme e Ossimo. Otto, invece, sono i parchi tematici sul territorio che permettono di visionare le incisioni.
La riserva di Ceto, Cimbergo e Paspardo
Noi abbiamo visitato la Riserva naturale delle Incisioni Rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo, la più grande della Val Camonica. L’ingresso (con biglietteria, materiale illustrativo e audioguide) è a Nadro, presso il Museo Didattico. Da qui prende il via il percorso per Foppe di Nadro, una delle diverse possibilità di visita dell’intera riserva. Il percorso dura all’incirca due ore e si snoda tra boschi, scorci sul meraviglioso massiccio della Concarena e sentieri montani. Le rocce istoriate si trovano lungo tutto il percorso, servito anche con passerelle e pannelli illustrativi che permettono di identificare le varie figure.
Un consiglio? Sebbene con il sole la visita diventi davvero piacevole, sappiate che le ombre degli alberi sulle rocce renderà più difficile trovare le diverse incisioni.