giovedì , 21 Novembre 2024

Overtourism in montagna: che ruolo per le amministrazioni?

Ho pubblicato questa riflessione a commento di un post di Luca Rota, in merito all’overtourism nelle terre alte e alla domanda provocatoria: è giusto che tutti possano andare in montagna a fare turismo? Riprendo qui la mia risposta leggermente ampliata, perché quello del ruolo delle amministrazioni nella governance del turismo in montagna è un tema che ritengo fondamentale.

Penso che il problema dell’overtourism nelle terre alte possa essere “contrastato” a partire proprio dai territori stessi, e senza inserire numeri chiusi, ecc. Mi spiego meglio: se un territorio, pur di farsi conoscere, invita / paga / coinvolge ormai di default creator digitali (leggi: influencer) che hanno nell’effetto “Wow” la cifra distintiva della propria comunicazione (“Lo conosci questo lago stratosferico a solo un’ora da Milano????” oppure “Le 5 cose da fare assolutamente in questo borgo fatato a pochi passi da Torino!” oppure “Canada? No, Alpi!”), è ovvio che sta promuovendo non territorio di per sè, ma una fruizione dello stesso massiccia e fuori luogo. Si sta vendendo un brand per renderlo di massa, profittevole.

Questo è un problema, perché ci vorrebbe davvero poco – da parte dei territori, enti di promozione, ecc – a sviluppare strategie di comunicazione meno voraci, più lungimiranti. Strategie pensate appositamente per destagionalizzare, per raccontare i luoghi nella loro complessità e stratificazione e anche – certamente – per educare a una corretta fruizione di quel territorio.

Certo, questa non è una strategia che porta vantaggi immediati. E’ una strategia del costruire, non del bulimizzare; non cavalca le mode del momento ma le esigenze dei luoghi. E potrebbe trovare in chi sa gestire la comunicazione social con gli adeguati strumenti (quindi i suddetti creator) degli ottimi alleati, a patto di saper mettere dei paletti e non pretendere soltanto che “Se ne parli” o che “Il reel vada virale e mi porti gente”.

Inoltre – come emerso in una recente intervista con un’amica pastora, che riportava a riguardo l’esperienza francese – sarebbe utile formare al tempo stesso anche gli operatori turistici dei vari territori montani a una comprensione un po’ più a 360° del territorio stesso, alla sua complessità, anziché limitarsi a esultare per l’apertura di un nuovo hotel, di una nuova pista da sci o dell’ennesima attrazione tanto per (ponti tibetani, panchinone, ecc). Quindi, pensare a momenti di formazione specifica per chi porta la gente in montagna, per sensibilizzare non solo sul godimento sano del territorio ma anche sulla presenza e convivenza con chi in montagna ci lavora e vive.

Insomma, posto che nessuno può vietare a nessun altro di muoversi, ritengo che il ruolo delle amministrazioni, degli enti, delle realtà locali sia proprio quello di gestire, mitigare e stemperare questi flussi, di spalmarli su tutto l’anno. Invece mi pare si abdichi molto a questo ruolo collettivo, preferendo – in larga parte – un approccio miope, poco lungimirante, votato all’immediato. Con le conseguenze che vediamo…

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